sabato 24 aprile 2010

Ho visto Happy Family


Pirandelliano film di Gabriele Salvatores.
All'inizio della storia si presenta Ezio (Fabio De Luigi), sceneggiatore a tempo perso, che decide di scrivere un film e inizia a tratteggiare i personaggi senza, per altro aver ben presente lo sviluppo della trama. La storia ruota attorno a due famiglie, unite fortunosamente dalla intenzione dei due figli sedicenni, Filippo e Marta (Gianmaria Biancuzzi e Alice Croci) di sposarsi. La famiglia di Filippo appartenente alla ricca borghesia milanese. Il padre (un bravissimo Fabrizio Bentivoglio) avvocato ricco e di successo che scopre di avere un tumore e decide di non dire nulla alla moglie (Margherita Buy), donna taciturna e rassegnata. C'è anche Caterina (Valeria Bilello) la figlia più grande, bella e problematica.
La famiglia di Marta invece tratteggia, in modo quasi caricaturale, l'antitesi. Il padre (Diego Abatantuono, perfettamente a suo agio nella parte) è un uomo che ha fatto un po' di tutto nella vita e che ora vive trasferendo barche a vela di lusso in giro per il mondo. La sua preoccupazione maggiore, che attraversa tutto il film, è quella di trovare un po' di fumo per farsi qualche canna. La madre (brava Carla Signoris) è il personaggio meno inquadrabile, dedita all'alcol, sembra vivere in un mondo tutto suo.
I vari protagonisti non solo interagiscono fra loro, ma anche con Ezio l'autore che, ad un certo punto del film, si sdoppia ed entra anche lui nella trama quasi a voler controllare di persona cosa combinano il suoi personaggi.
Qui la storia diventa più divertente e si muove seguendo i tempi creativi di Ezio, rallentando e accelerando fino ad un momento di crisi che lascia tutti senza finale. Saranno i protagonisti a questo punto che usciranno dalla trama per pretendere un finale degno per tutti loro.
I personaggi, teatrali nella loro essenza pirandelliana, cercano quasi di usare il film per poter abbandonare, o perlomeno cambiare, i propri ruoli, lasciando lo schematismo geometrico che li imprigiona per poter essere qualcosa d'altro. Soltanto il finale, preteso, renderà loro quella umanità che stanno cercando.
Un bel film, diretto con grande attenzione e fotografato splendidamente da Italo Petriccione. Novanta minuti senza cali di ritmo.
Ci si può commuovere di fronte alle immagini di Milano in bianco e nero che si srotolano sulle note di Chopin.

sabato 3 aprile 2010

Ho visto Il Piccolo Nicolas e i Suoi Genitori


Laurent Tirard regala un ora e mezza di sorrisi e risate genuine, portando sullo schermo un personaggio che René Goscinny creò nel 1959, scrivendo una serie di racconti umoristici divenuti famosi in Francia.
Il piccolo Nicolas di otto anni (Maxime Godart) vive la sua infanzia in un sobborgo di Parigi negli anni cinquanta. In realtà il luogo ed il tempo non hanno nessuna importanza, ma sono unicamente presi a pretesto per dare una ambientazione alla storia. La vita di Nicolas ruota attorno a pochi elementi, la scuola, con i suoi compagni, la maestra, il bidello e il preside; e la famiglia con il padre (il divertente Kad Mérad) e la madre (Valérie Lemercier).
Travisando alcune frasi dette dai genitori, che in realtà stanno parlando dell'organizzazione di una cena, e complice la sua fervida immaginazione, Nicolas si convince che presto avrà un fratellino e che, per questa ragione, i genitori lo scacceranno di casa per far posto al nuovo arrivato. Con l'aiuto di alcuni compagni di scuola, un bel campionario di macchiette, decide di far rapire il nascituro da un, non meglio identificato gangster, che dovrà essere ingaggiato per l'occasione. Fra i compagni di scuola di Nicolas c'è di tutto:il bambino ricco, il golosone alla perenne ricerca di cibo, l'entusiasta, il duro e, naturalmente, il somaro della classe. Per assoldare il rapitore, che in questa fiera degli equivoci non poteva che essere un meccanico convinto di dover rimuovere una automobile, ci vogliono addirittura cinquecento franchi. Raggranellare i soldi non è facile quindi si attiva un divertente brain storming fra i componenti della banda per escogitare un modo per guadagnarli.
Intanto, la famosa cena, viene organizzata e gli ospiti, sono niente meno che il capo del padre e la sua consorte. La serata deve servire a fare buona impressione sul datore di lavoro in vista di una possibile promozione. La madre, stressatissima per la buona riuscita dell'evento, si concede qualche bicchiere di troppo e, la cena diventa un disastro. Un disastro divertentissimo.
Una storia semplice, fresca e divertente, rara nel cinema di oggi. Ci si diverte candidamente, tornando bambini per novanta minuti. Il mondo di Nicolas non esiste e non è mai esistito, è uno di quei luoghi che solo il cinema può rendere reali.