sabato 25 settembre 2010

Ho visto Somewhere


Bello, elegante ed impalpabile l'ultimo film di Sofia Coppola, premiato a Venezia.
Johnny Marco (bravo Stephen Dorff) è un attore specializzato in films d'azione, famoso non tanto per il suo talento, quanto per il suo sex appeal. Un genere d'attore di cui, ultimamente Hollywood sembra abbondare. La sua vita si trascina stancamente, tra feste, ragazze bellissime e ampiamente disponibili, giri con la sua Ferrari (nera, per accentuare il tamarro che c'è in lui) e qualche impegno di promozione cinematografica. Vive, tanto per rimarcare la sua natura sradicata, in un albergo, il Chateau Marmont, un famoso albergo di Los Angeles dove abitano alcuni divi. Una vita tutto sommato piacevole ed estremamente vuota. Ormai tutto lo annoia, non si diverte più, pover'uomo, è svogliato e stanco tanto da riuscire ad addormentarsi con la testa fra le gambe (lunghissime) di una sventolona bionda. Il nostro però ha anche una ex moglie, Kate (Caitlin Keats) ed una figlia di undici anni, Cleo (la splendida e bravissima Elle Fanning). Il rapporto con la figlia è quello classico che ci si aspetta da un uomo così, lontano, assente e poco attento, anche se lei non sembra farci caso.
La vita di lui dunque si trascina fino al giorno in cui Kate, che decide di andarsene a cercare sé stessa, lascia Cleo in custodia da lui per alcune settimane prima dell'americanissimo campo estivo. Il babbo si trova così la vita invasa da questa giovinetta che non solo vuole vivere e crescere, ma lo vuol fare nel modo più entusiasta possibile (non a caso ogni volta che si muove, saltella). Johnny guarda ma non capisce, è stupito da quanto sta accadendo e, dopo una prima fase di guardingo distacco, si lascia prendere dalla tranquilla energia della piccola Cleo. Insieme vanno a Milano, Johnny deve ritirare un telegatto, e lì, Cleo, sperimenta la vita della star, fra suite d'albergo con piscina e premiazioni kitsch e volgari (in cui le stellette della televisione italiana eccellono, nel film la Ventura, Nino Frassica ed una tristissima Valeria Marini) e starlette (Laura Chiatti) che si infilano nel letto del bel Johnny.
Insieme scappano da Milano, tornano a Los Angeles alla vita di sempre, ma ora Johnny comincia ad avere un riguardo particolare per la presenza di Cleo e, pur non mettendo del tutto la testa a posto, si accorge di esistere.
Finalmente arriva la partenza per il campeggio. Johnny decide di accompagnare in auto Cleo fino nel Nevada dove dovrà passare due settimane. Durante il viaggio la ragazza scoppia a piangere, ha paura che la madre non tornerà e, considerato il padre, si sente completamente persa e sola. Lui non dice nulla, non tira fuori frasi di circostanza per consolarla, ma la abbraccia. Forse è proprio in questo momento che avviene il cambiamento nel cuore dell'uomo/ragazzino. Tornato in città decide di lasciare l'albergo definitivamente e riparte con l'auto, esce dalla metropoli e si dirige in campagna, dove abitano ancora i suoi genitori, fra infiniti campi di grano si ferma, scende e sorride.
Un film davvero bello. Corto il giusto, 98 minuti. Forse pecca un po' di ritmo, un pochino lento, ma viene tutto perdonato dalla ricchezza di particolari delle inquadrature, che da sole valgono mezzo film. Gli attori sono tutti bravi e brava è Sofia Coppola che non indugia mai nell'ovvio, lo stesso Johnny, in fondo, non è del tutto come ce lo si aspetta.
Si esce dal cinema con la sensazione che tutti i momenti del film siano valsi a qualcosa, anche la scena iniziale, quando si sentono i ticchettii del motore Ferrari che si raffredda.

sabato 11 settembre 2010

Ho visto The American


Atmosfere cupe per George Clooney diretto dal regista "rock" Anton Corbijn.
Il bello e tenebroso Jack (George Clooney) si trova in una landa desolata e innevata della Svezia con una ragazza, naturalmente bella, sono soli in una casetta in mezzo alla neve. Un mattino, spensieratamente a spasso in mezzo al nulla, vengono assaliti da due killers. Jack li stende ambedue e poi, inaspettatamente fredda anche la bella. Da subito si capisce che il protagonista nasconde qualcosa, qualcosa di grosso.
Ora siamo a Roma dove Jack arriva in treno (dalla Svezia a Roma in treno getta qualche ombra sulla sanità mentale del protagonista). Qui si mette in contatto con un losco personaggio un certo Pavel (Johan Leysen), che gli fornisce un posto dove nascondersi, un paesino in mezzo agli appennini abruzzesi. Qui, Jack, non incontra molta gente, il paese sembra deserto e la poca gente guarda con sospetto, nella migliore tradizione dello stereotipo dei paesi italiani visti dagli stranieri. Incontra e instaura uno strano rapporto con il prete del paese Padre Benedetto (Paolo Bonacelli), presentandosi come fotografo di paesaggi. Ma ecco che il dovere lo chiama. Arriva una (naturalmente bellissima) ragazza che gli ordina la costruzione un fucile con delle caratteristiche particolari e Jack, si mette all'opera per prepararlo. Altro che fotografo! Il bel Jack, è una specie di meccanico per killers. Frugando qua e là recupera ferri vecchi e pezzi di motore e, nella tranquilla solitudine della sua casetta, si mette ad allestire l'arma per la bella cliente.
Jack è finito in Abruzzo per nascondersi e stare solo, ma si sa la carne è debole e quindi il nostro cala a valle e finisce in una improbabile casa d'appuntamenti dove incontra la bella e conturbante prostituta Clara (una poco a suo agio, Violante Placido). I due si innamorano, fanno sesso a paletta, ma si innamorano. Quindi Jack decide di smetterla con il suo lavoro da cattivo (anche il prete ci mette del suo). Chiama Pavel e gli comunica che questa sarà l'ultima consegna, poi se ne andrà in pensione. Il losco Pavel acconsente. Clara e lavoro, Jack non pensa ad altro, se non che ecco risbucare un killer svedese che lo trova e vuole farlo secco, ma Jack ne sa una più dello svedese (che pare abbastanza pollo per essere un killer professionista) e lo fredda senza tanti complimenti. Siamo arrivati al finale. Il fucile è pronto. Jack si sente libero di lasciare tutto con la sua bella Clara. Le cose però riservano un'ultima sorpresa.
Film decisamente sconclusionato. Storia che fa acqua da tutte le parti. Clooney depresso e triste, un po' svogliato. Si capisce il desiderio di dare una mano alle zone terremotate dell'Abruzzo, ma forse si poteva tirar fuori qualcosa di meglio. Il regista, fotografo di musicisti rock alla sua seconda esperienza cinematografica, ha creato delle atmosfere davvero cupe e lugubri, dove anche i rari raggi di sole sembrano lì per caso.
La bella Violante, spesso generosamente nuda, ha un pochino di cellulite.