venerdì 28 maggio 2010

Ho visto Cosa Voglio Di Più


Dramma e passione incontrollabile nel film di Silvio Soldini.
Anna (Alba Rohrwacher, inaspettatamente sexy) è una trentenne italiana fortunata, un lavoro gratificante, una famiglia unita, un compagno (Giuseppe Battiston) poco stimolante, ma innamorato. Insomma una vita che molti giovani italiani disoccupati o sfruttati, in lotta con il mutuo, si sognano. Pendolare, si muove in una Milano centro/periferica, che il regista (milanese) si dimentica di mostrarci. Il parto di sua sorella le fa, per un momento, pensare di avere un figlio, quasi fosse il coronamento della sua esistenza borghese.
Domenico (Pierfrancesco Favino, bravo confermato) è un calabrese trapiantato a Milano, sposato con due figli piccoli, conduce una vita altrettanto normale lavorando per una società di catering. Qui i problemi di soldi sono più marcati. I figli costano e le mamme insistono.
I due si incontrano fortuitamente alla festa organizzata per il pensionamento di una collega di Anna, dove lui è cameriere. Scambio di sguardi, poche parole e, come nella migliore tradizione dei film porno, scatta una passione sessuale, incontrollabile. Un rapporto furioso quasi senza dialogo, che finisce, dopo vari tentativi sfortunati in ufficio e in un portone, in una tristissima stanza di motel dell'hinterland milanese, tapezzata di specchi e drappeggiata di sete e velluti.
Il passaggio dal sudore del corpo ai sospiri d'amore avviene senza che nessuno in sala se ne accorga. Tutto diventa più complicato e le paure e le ansie dell'amore creano un effetto elastico, prima molla uno, poi l'altra, in un esasperante tira e molla. Alessio, compagno di Anna, sorprendentemente, non sembra comprendere le inquietudini di lei. Miriam (Teresa Saponangelo) moglie di Domenico, invece comprende eccome e, dopo una sfuriata, caccia il marito di casa.
I nostri amanti allora si allontanano. Piano piano ritornano nei loro gusci. Domenico, ottiene qualche soldo in più dal datore di lavoro permettendo così alla figlia più grande di frequentare un corso di danza, e anche con la moglie le cose sembrano andare meglio. Anna però è sempre inquieta e nervosa e, nonostante gli sforzi non riesce a riacquistare l'equilibrio perduto. E conoscendo il compagno asessuato la cosa non ci stupisce.
A questo punto il film si trascina, inesorabilmente lento. D'un tratto, schermo nero, ed ecco, i nostri due si ritrovano insieme in una imprecisata località del nord Africa. Mano nella mano girano per il suk come due sposini in viaggio di nozze.
Ci si chiede cosa sia successo durante quell'attimo di schermo nero. Scopriremo soltanto che lui ha inventato la solita balla alla moglie per andarsene qualche giorno, mentre lei ha raccontato tutto al povero Alessio, che ha questo punto diventa il vero eroe della storia. Giorni meravigliosi per i due, ma c'è un ma. Alla vigilia della partenza, lei, donna con i piedi per terra, insiste per sapere cosa succederà una volta tornati a casa.
Il finale sbrigativo del film lo rivelerà nel modo che forse pochi si aspettano.
Due ore son veramente troppe, in alcuni tratti il film è davvero di una lentezza insopportabile, le inquadrature del viso di lei che guida la macchina alla ricerca del motel sono sbadigliosissime.
Buona la fotografia di Ramiro Civita. Le scene di nudo ben fatte e mai volgari. Una versione di Alba Rohrwacher inaspettata,

martedì 11 maggio 2010

Ho visto Soul Kitchen


Commedietta tedesca diretta da Fatih Akin.
Si racconta di un giovane greco Zinos (Adam Bousdoukos), che possiede un ristorante in un fatiscente ex edificio industriale di Amburgo, una clientela abituata alla sua cucina di gran classe, pesce fritto, crauti e wurstel, e un fratello ladruncolo, in galera. Il nostro ha anche una fidanzata, la bella e altolocata Nadine Krüger (Pheline Roggan in cui la bellezza è inversamente proporzionale alla bravura).
Zinos si arrabatta con il suo tran tran, pochi soldi tanto lavoro, con l’aiuto di due svogliati camerieri Lucia (Anna Bederke una Uma Turman teutonica, brava) e Lutz (Lukas Gregorowicz). Ma ecco, proprio dietro l’angolo, il solito destino malvagio. Nadine se ne parte per la Cina come corrispondente in un non meglio specificato giornale. Illias (Moritz Bleibtreu, bravo), il fratello ottiene il permesso di uscire di prigione per qualche ora a patto che si trovi un lavoro, e chi può assumerlo se non il buon fratello, portandosi in casa un sacco di pasticci. Thomas Neumann (Wotan Wilke Möhring), un vecchio amico d’infanzia, agente immobiliare, mette gli occhi sul suo ristorante e gli propone di vendere. E come se non bastasse, arriva anche un ernia al disco che lo mette ko.
E adesso cominciano i guai. La fidanzata continua a pregarlo di raggiungerlo in Cina, esasperandolo. Il fratello non alza un dito al locale, anzi ci porta i suoi compari, ladruncoli di polli. L’amico immobiliarista senza scrupoli, davanti ai continui dinieghi alla vendita, gli manda, prima una visita fiscale e poi una del servizio d’igiene. Zinos non molla, incontra un cuoco di alta cucina disoccupato e lo convince a lavorare per lui. Dopo qualche esilarante falsa partenza, il Soul Kithcen, comincia ad essere conosciuto diventando un locale di tendenza che attira una folla di giovani da tutta Amburgo. Gli affari girano e Zinos può aggiustare i suoi conti con il fisco e l’ufficio d’igiene, ma Thomas Neumann ha sempre più l’acquolina in bocca per il locale.
Non avendo un’assicurazione sanitaria (capito il paese del welfare), il nostro non può permettersi di farsi operare la sua ernia e quindi si affida alle cure di una fisioterapista, naturalmente molto carina Anna (Dorka Gryllus), ma i dolori non passano e, ormai Zinos si trascina come uno storpio.
Ora gli affari vanno bene e, il protagonista, decide di lasciare il ristorante in gestione al fratello, nel frattempo innamorato di Lucia la cameriera e con la testa apparentemente a posto, e di raggiungere la fidanzata in Cina. Ora però lei tergiversa, parla di una trasferta nel Tibet, insomma diventa misteriosa e riluttante. Zinos decide di partire lo stesso, ma all’aeroporto la incontra; lui parte, lei torna per i funerali della nonna e non è sola. Ad accompagnarla c’è un simpatico cinesino.
Trascinandosi ormai sempre più malandato, lui cerca di vederla, ma lei ormai non risponde più.
Il fratello, intanto, diventato legalmente amministratore unico del ristorante, lo perde a carte, ovviamente giocando con l’amico immobiliarista bastardo.
Il dramma si compie in tutta la sua crudezza. Niente più Soul Kitchen, niente più fidanzata, ma tantissimo mal di schiena.
Il finale riserverà qualche sorpresa, tutto sommato divertente.
Il film però è molto lento e, in alcuni tratti, si ferma proprio del tutto. Venti minuti si potrebbero tranquillamente tagliare. Gli attori, alcuni noti, sono piuttosto modesti, anche perché il regista li tiene a briglie strette.
La colonna sonora, di cui il film non lesina, è assolutamente notevole.