sabato 15 gennaio 2011

Ho visto Hereafter


Meraviglioso ultimo lavoro di Clint Eastwood.
Tre storie che si intrecciano fra loro e che ruotano attorno alla morte.
Marie Lelay (bellissima e brava Cécile De France) è una giornalista francese d'assalto, si trova su di un isola tropicale quando si scatena uno tsunami che provoca distruzione e morte. Lei stessa è coinvolta e viene ritrovata priva di conoscenza. In qualche modo riportata in vita dopo un annegamento, si rende conto che negli attimi in cui era praticamente morta, ha visto l'aldilà, ha visto cosa c'è oltre la vita.
A Londra vivono due gemelli, Marcus e Jason (George e Frankie McLaren), undicenni che devono sobbarcarsi, oltre la scuola e la preadoloscenza, anche una madre drogata in perenne fuga dagli assistenti sociali. A causa di un incidente stradale però il piccolo Jason muore ed il fratellino Marcus, dei due il più timido ed introverso, si ritrova improvvisamente solo a dover trascinare tutto il fardello della loro vita.
San Francisco, all'ombra del Golden Gate, vive George Lonegan (Matt Damon, sempre molto bravo anche in una parte a lui inusuale), un sensitivo che ha il dono di comunicare con i morti e che proprio per lo stress e l'angoscia che questo gli provoca, ha abbandonato la "professione" e tira a campare facendo l'operaio al porto.
Il tranquillo tran tran di George è funestato dal fratello Billy (Joy Mohr) che non solo continua a procacciargli clienti sgraditi, ma lo esorta a riprendere la "professione" di sensitivo ammaliato dalla prospettiva di fare un sacco di soldi. George non ci sta e cerca di costruirsi una vita normale, vive solo nel suo appartamento e, per contrastare l'insonnia che lo perseguita, alla sera ascolta audiolibri di Dickens, il suo autore preferito. Si iscrive ad un corso di cucina italiana e, fra una passata di pomodoro e un soffritto di cipolla, incontra Melanie (Bryce Dallas Howard). Un invito a cena, ed ecco che la curiosità di Melanie per il passato di George viene fuori con l'immancabile richiesta di una seduta, nonostante gli avvertimenti di George, che riporterà alla luce i drammi più nascosti della ragazza che sparirà dal corso di cucina e dalla vita di George.
A Parigi intanto le cose non vanno meglio, la bella Marie tornata al lavoro è sempre più ossessionata da quanto visto durante il breve momento di non vita dopo l'annegamento e questo si ripercuote pesantemente sul suo lavoro. E' distratta e disattenta. Il suo capo, nonché amante, le consiglia un periodo di riposo, magari l'occasione per cominciare a scrivere quel libro su Mitterand, che tanto le sta a cuore.
Londra. Marcus, rimasto solo, non si da pace, non ce la fa proprio a vivere senza il fratellino a fianco. Anche gli assistenti sociali inveiscono perché lo affidano ad una famiglia togliendolo alla madre che finalmente sembra decisa a disintossicarsi. Marcus è assillato dal desiderio di comunicare con Jason e si mette in contatto con tutta una serie di ciarlatani che promettono di poter mettersi in comunicazione con i morti, naturalmente spillandogli quelle poche sterline che si è procurato sottraendole ai genitori adottivi.
Marie ha trovato un editore disposto a pubblicare il suo libro storico su Mitterand, ma le ricerche per la stesura, cominciano presto a virare verso le indagini sulla vita oltre la morte che la portano a scoprire un mondo di studi e di prove sull'esistenza dell'aldilà. Ormai il libro sul vecchio presidente francese viene definitivamente messo da parte, e Marie si presenta dall'editore con la stesura dei primi capitoli del suo libro sulla morte. L'editore naturalmente lo rifiuta, ma da brav'uomo qual'è, la indirizza verso un altro editore che è ben lieto di pubblicarlo. La gioia di Marie però è destinata a durare poco, il suo capo/amante le fa capire che il suo posto di lavoro non l'aspetta più e che è già stata sostituita sia alla scrivania che nel suo letto.
Guarda a volte il destino, a San Francisco, George non se la passa molto meglio anche lui viene licenziato per esubero e si ritrova a spasso. Per Billy, il fratello, non c'è occasione migliore, è il caso di tornare a comunicare con i morti. Organizza tutto quanto, ufficio, studio, ecc., ma proprio il giorno dell'apertura George decide di lasciare tutto un'altra volta per volare a Londra e andare a ritrovare i luoghi dove si svolgono le storie del suo amato Dickens.
A Londra arriva anche Marie dove dovrà presentare il suo libro alla fiera libraria della capitale inglese.
E a Londra, sappiamo, vive anche il piccolo Marcus in perenne ricerca.
Nel finale del film i tre protagonisti si troveranno e in qualche modo ognuno di loro risolverà la propria vita forse non proprio come aveva sperato.
Un film davvero bello, delicato e lieve. Un argomento non facile che la classe straordinaria ed il proverbiale understatement di Clint Estwood ha allontanato dalle solite banalizzazioni e dagli stereotipi. Il ritmo serrato del film e la durata perfetta 129 minuti fanno il resto.
Unica pecca davvero insopportabile, la scelta della moquette sulle scale della casa di George a San Francisco.

lunedì 3 gennaio 2011

Ho visto Gorbaciof


Film del regista Stefano Incerti.
Marino Pacileo, detto Gorbaciof (bravo Toni Servillo), è il contabile del carcere di Poggioreale. Tutti i giorni maneggia i soldi versati dai parenti dei detenuti. Durante il trasferimento delle banconote alla cassaforte, alcune di esse restano appiccicate alle capaci mani di Gorbaciof che non ha altro vizio se non quello del gioco. Un vizio che si finanzia con lo stratagemma di prelevare appunto somme di denaro dalla cassa, andarseli a giocare al tavolo del poker, e poi, quando le serate vanno bene, rimetterli nella cassa prima che qualcuno se ne accorga. Qualcuno però se ne è accorto da tempo, Vanacore (Nello Mascia) sovraintendente delle guardie carcerarie, non perde occasione per fare battutine insinuanti alla volta di Gorbaciof e del suo vizietto.
La vita solitaria e decisamente squallida del protagonista, si trascina stancamente giorno dopo giorno, partita dopo partita con delle puntate anche alla sala scommesse ed al tavolo del Bingo. E' il poker però il centro dell'interesse di Gorbaciof, un tavolo da gioco clandestino che si trova nel retrobottega di un ristorante cinese. Le somme giocate sono piuttosto alte e quindi anche le perdite sono ingenti, fra gli assidui giocatori c'è l'Avvocato (Geppy Geijeses), uno che perde raramente e che ha, oltre una situazione economica più che stabile, una guardia del corpo che lo protegge e, soprattutto, riscuote i debiti. Altro componente del tavolo è il proprietario del ristorante (il giapponese Hal Yamanouchi), sicuramente più sfortunato al gioco dell'avvocato. Quando i suoi debiti cominciano a diventare pesanti, l'avvocato mette gli occhi su Lila (Yang Mi) la figlia. Su di lei però gli occhi li ha messi anche Gorbaciof, che, per evitare guai alla bella Lila, paga di nascosto i debiti del padre. Ormai però Lila è in pericolo, prima o poi il padre, rapito dal demone del gioco, potrebbe costringere la figlia a prostituirsi.
Comincia a nascere una reciproca intesa fra Lila e Gorbaciof, un'intesa fatta di sguardi perché Lila parla soltanto mandarino e Gorbaciof parla poco e basta. Lila però è affascinata da quest'uomo che le presta attenzione senza chiedere nulla in cambio. Comincia a scoprire in lui una sorta di tenerezza, nascosta profondamente sotto la dura scorza del giocatore incallito e disilluso. Lui riesce a sorprenderla continuamente. La prima volta che lui la porta fuori dal locale del padre e da una vita fatta di casa e lavoro, finiscono nei corridoi dell'aeroporto, lei dentro un carrello bagagli e lui dietro a spingere. Poi le fa visitare lo zoo di notte, forzando un cancello.
La vita del misogino e solitario Gorby sta cambiando a velocità sorprendente tanto che lui decide di abbandonare tutto, prendere un aereo con lei e andare via. Ma ci vogliono soldi. Bisogna ripianare i debiti con l'avvocato e con Poggioreale, e poi ci vogliono i soldi per i biglietti e per farsi una nuova vita. Sarà l'ineffabile Vanacore a trovarglieli, ma per averli, Gorbaciof, dovrà varcare la soglia della criminalità che, fino ad allora, non aveva mai avvicinato.
Arriviamo così, a passi pesanti, all'epilogo decisamente scontato della storia.
Un film decisamente sotto tono per il pur bravo Servillo. Una trama trita e ritrita con grossi buchi che lasciano lacune di incomprensione. Anche il ritratto di una Napoli multietnica forse meritava qualche approfondimento in più.
Insomma un film indifferente che si regge traballando, soltanto su un bravo attore.
Uscendo dal cinema si resta senza parole, contagiati dai silenzi manieristi di Gorby.