sabato 2 ottobre 2010

Ho visto La Solitudine Dei Numeri Primi


Complicato film di Saverio Costanzo tratto dal libro, omonimo, di Paolo Giordano.
Si narra, non senza fatica, l'intreccio delle vite di due singolari personaggi, Alice e Mattia, durante le fasi più drammatiche della loro esistenza.
Alice (interpretata alternativamente da Martina Albano, bambina, Arianna Nastro, adolescente e dalla brava Alba Rohrwacher, adulta), avuto un incidente con gli sci da piccola e, per questo, rimasta zoppa, vive l'adolescenza faticosamente. Bersaglio degli scherzi legati al suo handicap, delle compagne di scuola, sciocche e crudeli, con un padre (Roberto Sbaratto) tanto impegnato nel lavoro che non la vede quasi e una madre (Giorgia Senesi) depressa e disinteressata da quanto la circonda. Con una vita del genere appena la compagna di scuola Viola (Aurora Ruffino), bella e desiderata, la prende in simpatia, ma soltanto per alimentare il suo egocentrismo, e la coinvolge nella sua vita, meravigliosa agli occhi di Alice, la protagonista vede il mondo tornare di un rosa acceso e tutti i suoi dubbi e le sue angoscie sparire.
Mattia (bambino, adolescente ed adulto intrpretato alternativamente da Tommaso Neri, Vittorio Lomartire e Luca Marinelli) vive un dramma di ben altra portata. Mattia ha una sorella gemella con gravi problemi di comportamento. I genitori (la madre, una bravissima Isabella Rossellini) fanno di tutto per dare alla bambina una vita normale e spingono continuamente il piccolo Mattia di otto anni ad essere responsabile della sorella. Invitato ad una festa di compleanno da un compagno di scuola, il piccolo Mattia, costretto a portarsi dietro l'ingombrante sorella, decide, di lasciarla al parco su una panchina ed andare alla festa da solo, finalmente libero di essere un bambino e non un "bravo ometto". Naturalmente va a finire male e la sorellina sparisce. Questo il fardello che Mattia si trascina dietro fin dall'infanzia; prima in una adolescenza solitaria e scontrosa e poi nella giovinezza, dove l'unica salvezza sta nello studio compulsivo che lo porterà a diventare uno stimato ricercatore.
I due si incrociano per la prima volta nell'atrio del liceo che frequentano, ed è Alice a notare Mattia, leggendogli negli occhi quel disagio che le è così familiare. Lui però sembra non vederla neppure. Sarà Viola, (personaggio paricolarmente complicato ed ambiguo, che forse meritava più spazio) a far sì che i due si incontrino ad una festa. Da quel momento comincia a crearsi un rapporto quasi clustrofobico e angosciante fra i due ragazzi che non sfocerà mai nell'amore e non sarà capace di liberare i dolori passati e quelli ancora a venire.
Adulti i due si separano, Alice si sposa e Mattia va in Germania a lavorare, ma il legame profondo e anomalo dei due li porterà all'intenso finale.
Il film è una specie di complicato puzzle che viene composto da Costanzo con un uso continuo di flashback e flashforward. Il tutto fa sì che si generi una sensazione di grande disagio di fronte ai personaggi, puntigliosamente impegnati a sfuggire da ogni occasione di felicità.
La lunghezza, che certo non aiuta, 118 minuti, e il finale che subisce una battuta d'arresto del ritmo, già non caraibico del film, rendono il prodotto piuttosto difficile e serve la boccata di aria fresca, fuori dalla sala cinematografica, per disperde il senso di insopportabile pesantezza.

2 commenti:

  1. penso che i genitori di Mattia, piu' che voler dare una vita normale alla loro piccola malata di autismo, scarichino sul "bravo ometto" tutte le loro responsabilità...rifiutando la realtà. Non dando cosi'una vita normale ne' a Michela ne tanto meno a Mattia che dovrà vivere tutta la vita con un senso di colpa che lo porterà anche ad essere autolesionista.


    Si, serve la boccata d'aria fresca, ma non per la pesantezza del film quanto per l'immensa angoscia che Costanzo è riuscito a trasmettere.


    Marina

    RispondiElimina
  2. Non ho visto il film ma ho letto il libro e la tua recensione coincide, soprattutto nel rendere l'angoscia e quel senso di pugno allo stomaco che persiste.
    Triste quel camminare paralleli senza riuscire ad amarsi e ad incontrarsi anche se il rapporto è intenso.
    bravo Fede!
    betti

    RispondiElimina